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Oggi non si parla più dei problemi legati ai cambiamenti climatici, la crisi finanziaria ruba tutta la scena, ma non ci dobbiamo dimenticare che le due cose sono strettamente correlate.
Il rapporto Stern indicava il costo tra l’azione e l’inazione nella lotta ai cambiamenti climatici: una spesa del 1% del PIL mondiale fino al 2050 per mitigare gli effetti, a fronte di una spesa stimata tra il 5 e il 20% per l’inazione. Quindi agire, riducendo il consumo di combustibili fossili, oltre che per la lotta ai cambiamenti climatici, anche per un altro problema: la fine del petrolio. Al ritmo attuale della domanda, si stimano riserve per altri 34-40 anni, ma come sappiamo la domanda cresce di anno in anno, soprattutto con l’affacciarsi sul mercato della Cina e dell’India (oltre 3 miliardi di persone che aspireranno ad avere il nostro livello di benessere). Se già l’era del petrolio a buon mercato è stata quella delle lotte e delle guerre per il suo controllo, cosa succederà quando questa risorsa inizierà a scarseggiare (con aumenti di prezzo)? Inoltre paesi come il nostro (o come l’Europa che dipende per oltre il 40 % dall’importazione) come potranno risolvere i problemi di dipendenza energetica e sicurezza negli approvvigionamenti?
La strada è sempre la stessa: c’è bisogno di una rivoluzione energetica, di cui il pacchetto 20-20-20 dell’Unione Europea è solo il primo e coraggioso passo. Infatti attraverso le politiche di aumento di efficienza energetica, risparmio energetico, produzione da energie alternative sarebbe possibile rilanciare l'economia, l'occupazione e rispiarmiare miliardi di euro di energia che viene letteralmente buttata al vento, con innegabili ricadute anche sulla qualità ambientale e sanitaria dei nostri paesi.
Un esempio italiano è un piano di Confindustria presentato per il decennio 2010 - 2020 al Governo, che scioccamente l'ha rifiutato.
Questo piano decennale prevedeva un piano di investimento da parte dello Stato di 16 miliardi di euro che avrebbero avuto un impatto economico sul sistema di circa 31 miliardi di euro, in sostanza un guadagno netto di circa 15 miliardi di euro, mediamente 1,5 miliardi l'anno (attraverso IVA da maggiori consumi, IRPEF dall'occupazione IRES e IRAP per maggiori redditi dell'industria, risparmio energetico) , con oltre 1,5 milioni di posti di lavoro creati, 9 Milioni di tonnellate equivalenti di petrolio risparmiate ogni anno e 21 milioni di tonnellate di CO2 non emesse.
L'immobilità della politica non deve essere però una scusa per tutti noi cittadini: infatti abbiamo un ruolo importante e cruciale nella lotta ai cambiamenti climatici. Consumare meno energia non significa rinunciare agli elettrodomesti, ma semplicemente utilizzarli in maniera più razionale (es.lavatrici solo a pieno carico, spegnere gli stand-by degli elettrodomestici ecc.), come pure l'uso dell'automobile potrebbe essere sensibilmente ridotto, in favore di qualche passeggiata in più o l'utilizzo dei mezzi pubblici (anche se la condizione dei treni o degli autobus ci scoraggia..ma dobbiamo tenere duro!!). Ruolo importante è anche quello della raccolta differenziata: riciclando i rifiuti si ottengono di nuovo materie prime (seconde) che possono essere riutilizzate dall'industria. In questo dobbiamo anche sollecitare i nostri amministratori ad attuare servizi sempre più funzionali e impegnarci però poi ad utilizzarli con il massimo rigore possibile.
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