L'orbita della grande cometa del 1680, rappresentata nei Principia Mathematica di Newton

lunedì 28 novembre 2011

COP 17 - Durban 2011 - speriamo sia la volta buona

Inizia oggi a Durban in Sud Africa, la diciassettesima conferenza delle parti (COP 17). Dopo i deludenti risultati di Copenhagen (COP 15, 2009) e Cancun (COP 16, 2010) un'altra sconfitta a Durban non ce la possiamo permettere. 

Oggi non si parla più dei problemi legati ai cambiamenti climatici, la crisi finanziaria ruba tutta la scena, ma non ci dobbiamo dimenticare che le due cose sono strettamente correlate. 


Il rapporto Stern indicava il costo tra l’azione e l’inazione nella lotta ai cambiamenti climatici: una spesa del 1% del PIL mondiale fino al 2050 per mitigare gli effetti, a fronte di una spesa stimata tra il 5 e il 20% per l’inazione. Quindi agire, riducendo il consumo di combustibili fossili, oltre che per la lotta ai cambiamenti climatici, anche per un altro problema: la fine del petrolio. Al ritmo attuale della domanda, si stimano riserve per altri 34-40 anni, ma come sappiamo la domanda cresce di anno in anno, soprattutto con l’affacciarsi sul mercato della Cina e dell’India (oltre 3 miliardi di persone che aspireranno ad avere il nostro livello di benessere). Se già l’era del petrolio a buon mercato è stata quella delle lotte e delle guerre per il suo controllo, cosa succederà quando questa risorsa inizierà a scarseggiare (con aumenti di prezzo)? Inoltre paesi come il nostro (o come l’Europa che dipende per oltre il 40 % dall’importazione) come potranno risolvere i problemi di dipendenza energetica e sicurezza negli approvvigionamenti?

La strada è sempre la stessa: c’è bisogno di una rivoluzione energetica, di cui il pacchetto 20-20-20 dell’Unione Europea è solo il primo e coraggioso passo. Infatti attraverso le politiche di aumento di efficienza energetica, risparmio energetico, produzione da energie alternative sarebbe possibile rilanciare l'economia, l'occupazione e rispiarmiare miliardi di euro di energia che viene letteralmente buttata al vento, con innegabili ricadute anche sulla qualità ambientale e sanitaria dei nostri paesi. 

Un esempio italiano è un piano di Confindustria presentato per il decennio 2010 - 2020 al Governo, che scioccamente l'ha rifiutato. 

Questo piano decennale prevedeva un piano di investimento da parte dello Stato di 16 miliardi di euro che avrebbero avuto un impatto economico sul sistema di circa 31 miliardi di euro, in sostanza un guadagno netto  di circa 15 miliardi di euro, mediamente 1,5 miliardi l'anno (attraverso IVA da maggiori consumi, IRPEF dall'occupazione IRES e IRAP per maggiori redditi dell'industria, risparmio energetico) , con oltre 1,5 milioni di posti di lavoro creati, 9 Milioni di tonnellate equivalenti di petrolio risparmiate ogni anno e 21 milioni di tonnellate di CO2 non emesse.

L'immobilità della politica non deve essere però una scusa per tutti noi cittadini: infatti abbiamo un ruolo importante e cruciale nella lotta ai cambiamenti climatici. Consumare meno energia non significa rinunciare agli elettrodomesti, ma semplicemente utilizzarli in maniera più razionale (es.lavatrici solo a pieno carico, spegnere gli stand-by degli elettrodomestici ecc.), come pure l'uso dell'automobile potrebbe essere sensibilmente ridotto, in favore di qualche passeggiata in più o l'utilizzo dei mezzi pubblici (anche se la condizione dei treni o degli autobus ci scoraggia..ma dobbiamo tenere duro!!). Ruolo importante è anche quello della raccolta differenziata: riciclando i rifiuti si ottengono di nuovo materie prime (seconde) che possono essere riutilizzate dall'industria. In questo dobbiamo anche sollecitare i nostri amministratori ad attuare servizi sempre più funzionali e impegnarci però poi ad utilizzarli con il massimo rigore possibile.










sabato 12 novembre 2011

Alluvioni e dissesti idrogeologici: è giunto il momento di cambiare.

Ancora una volta, vediamo le conseguenze (drammatiche e devastanti) dei vari nubifragi che si sono abbattuti dapprima su ampie porzioni della costa Ligure, in Toscana e nel Sud Italia. Incalcolabile il danno economico, alto il numero dei morti.

Passato il momento del cordoglio e sopratutto dello scoop giornalistico, che ha fatto rimbalzare per giorni e giorni su tutti i canali video, foto, testimonianze dei sopravvissuti e varie analisi degli "esperti", ora la questione non fà più notizia ed è già caduta nel dimenticatoio..e ci resterà fino alla prossima tragedia. A mente fredda è opportuno analizzare le cause che hanno determinato questi episodi, per poi individuare (seppure in maniera sintetica in questa sede) le azioni da compiere per mitigare il più possibile questo tipo di rischio.

Certamente l'eccezionalità delle piogge cadute ( in Liguria, ad esempio a Genova circa 300mm di pioggia in poche ore, circa 1/3 della quantità di pioggia caduta nell'alluvione della stessa città nel 1970) ha dato un contributo alla tragedia, ma in larghissima parte le responsabilità di ciò che è avvenuto sono imputabili solo all'uomo e alla sua gestione del territorio. Domandiamoci COME l'uomo gestisce un territorio.

Case costruite sul mare.
In condizioni "naturali" (o poco antropizzate) quando piove, una parte dell'acqua viene assorbita dal terreno, mentre una parte non assorbita* defluisce secondo percorsi preferenziali**, dapprima come un sottile velo, poi come piccoli rivoli via via  più grandi (verso valle), che vanno a confluire in canaloni, fossi, fiumi e infine verso il mare. Se poi l'evento è di particolare intensità e durata, i corpi idrici ricevono più acqua*** di quella che riescono a far defluire, superano gli argini (scaricando cosi l'acqua in eccesso) allagando le pianure alluvionali e poi dopo un tempo più o meno lungo rientrano nell'argine e riprendono il loro percorso.

Nelle condizioni antropizzate (dal piccolo paesino, alle grandi città), dove regnano cemento e asfalto (diminuisce quindi la possibilità del terreno di assorbire acqua, cioè si "impermealizza" il terreno e aumenta l'acqua di scorrimento superficiale) i canali e i fossi vengono abbandonati (scarsa manutenzione e pulizia degli alvei) tappati, deviati o intubati e appena si supera la soglia della normalità di un evento meteorico questi corpi recettori non riescono più a svolgere il loro "sporco" lavoro, perchè non hanno la possibilità di crescere nei loro alvei naturali  o di straripare nelle aree subito circostanti (chiamate appunto piane alluvionali..chissà perchè!!!). Se poi noi nelle aree circostanti (o sulla foce stessa, come capita spesso) andiamo a costruirci un centro abitato, una normale alluvione di qualche ettaro di terra, si trasforma in una immane tragedia.
 Inoltre l'impermealizzazione del territorio fà aumentare la velocità con cui l'acqua meteorica caduta su un certo bacino imbrifero**** raggiunge il corpo recettore, e quindi lo stesso si trova a ricevere nell'unità di tempo più acqua di quella che riesce a far defluire lungo il suo alveo.
Degna di nota infine è la scarsa manutenzione che si fà nei corsi d'acqua, quindi anche la pulizia del suo alveo da rifiuti (più o meno grandi ) e materiale vegetale (sopratutto in prossimità dei centri abitati), rifiuti che potrebbero incastrarsi in prossimità di un ponte o di una strettoia, fungendo da diga. Concludiamo questa breve analisi ricordando che i cambiamenti climatici in atto, porteranno sempre di più ad una riduzione dei giorni piovosi, ma all'aumento di fenomeni estremi e violenti..ma questo ormai è sotto gli occhi di tutti.

Ma quali sono i modi per prevenire tutto questo? 
Bè innanzitutto cerchiamo nel futuro di non ripetere gli stessi errori già fatti: rispettiamo le distanze dagli argini, lasciamo i corsi naturali cosi come li troviamo, ampliando le fasce di rispetto. 
Invece dove ormai il "danno" è fatto, bisognerà certamente aumentare la manutenzione degli alvei (che non significa togliere loro tutti gli elementi di naturalità, ma intervenire tempestivamente laddove siano evidenti situazioni che possano portare pericolo) rimuovere le strutture che sono a rischio (quelle nelle aree golenali) e mettere in cantiere quelle opere (come aree di espansione controllata) atte alla mitigazione del rischio stesso, con un approccio e una pianificazione intelligente, cosi da restituire ai corsi d'acqua i volumi di invaso spesso sottratti dall'urbanizzazione selvaggia degli ultimi decenni*****. Semplicemente agire con buon senso, ma spesso è questo quello che manca.

Da notare la vicinanza tra il letto del fiume e le Strutture.

I cittadini possono dare un grande contributo per prevenire queste tragedie..come? Segnalando alle autorità aventuali situazioni anomale (come un canale in parte tappato) o di evidente pericolo (un argine che sta cedendo o una frana nell'alveo), oppure segnalando un abuso edilizio. Non possiamo pretendere che siano solo le varie amministrazioni locali a controllare il territorio, perchè spesso questo è vastissimo..sappiamo che i fondi sono pochi, e anche l'organico spesso è sottodimensionato..quindi non ci resta che dare una mano..anche questo è senso civico.

Infine è doveroso indicare che dal 1940 ai giorni nostri (71 anni, 25.932 giorni circa) sono stati stanziati oltre 250 miliardi di euro (mediamente 10 milioni di euro al giorno, quasi 20 miliardi delle vecchie lire) per far fronte alle varie emergenze idrogeologiche. La Società Geologica Italiana, stima in circa 20 miliardi di euro la cifra necessaria per mettere in sicurezza tutti i comuni italiani  che attualmente hanno una qualche situazione di rischio (quasi il 90 % del totale).

Qui le aree liguri delle cinque Terre colpiti dall'alluvione (vista con google maps)

E' chiaro quindi che oggi abbiamo tutti gli strumenti (conoscenze per una corretta gestione del territorio e dei corsi d'acqua) per prevenire e mitigare questo tipo di calamità...quello che manca probabilmente è la voglia di metterli in atto. Evidentemente è più comodo piangere sul latte versato e affrontare un'emergenza (e i suoi stanziamenti)..

Sotto alcuni link che documentano le recenti alluvioni ( youreporter.it)

- In volo con l'elicottero della finanza sull'Isola d'Elba
- Genova: il torrente Bisogno pochi attimi prima di esondare

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Note.
*la percentuale di acqua non assorbita dal terreno dipende da molti fattori, come l'intensità della pioggia, la durata dell'evento pluviometrico ecc.  
**Percorsi dati dalla morfologia del terreno.
***La frazione di acqua che cade direttamente sul letto di un fosso o di un fiume è trascurabile, la maggior parte è data da quella che defluisce dal suo bacino imbrifero (o porzione di questo).
****Per bacino imbrifero si intende una zona che raccoglie le acque piovane che alimentano un fiume (imbrifero deriva dalla parola latina imber=pioggia)
***** Anche il disboscamento ha un certo ruolo sugli eventi idrogeologici. Com'è noto, oltre a trattenere il terreno (diminuendo il rischio frana), un suolo boscato è in grado di assorbire più acqua di uno non boscato. Inoltre queste aree verdi trattenendo il terreno, trattengono anche particelle e sedimenti, che cosi in parte non vanno a finire negli alvei.